Consob: consultazione sulle ICO

Jun 5, 2019 | Staff

Risposta di CAL alla consultazione della Consob

Consob ha lanciato a marzo una consultazione pubblica sulle ICO. Crypto Asset Lab ha risposto a questa consultazione: riportiamo una sintesi per punti salienti:

  • Il fenomeno delle ICO ha avuto successo perché ha permesso a una significativa liquidità, disponibile nella forma di criptovalute, di diversificare su investimenti non regolamentati.
  • Questi capitali sono stati raccolti da start-up che hanno disintermediato gli attori tradizionali come Venture Capitalist, banche e regolatori. Sebbene il contesto in cui questo è avvenuto sia discutibile, il fenomeno è indubbiamente interessante: promuovere nuovi canali di finanziamento per le PMI è obiettivo strategico dell’UE nell’ambito della Capital Markets Union.
  • Queste forme di investimento si prefigurano come utility token fondamentalmente per evitare la classificazione di security. Nella gran parte sono state deludenti come investimento, fallimentari come progetto imprenditoriale, talvolta configurandosi persino come vere e proprie frodi. D’altronde non si tratta qui di proibire fenomeni difficilmente contrastabili dal punto di vista tecnologico, né di fornire una alternativa eccessivamente stringente dal punto di vista regolamentare.
  • Si tratta piuttosto di consentire la trasparenza e garantire un quadro regolamentare per le registrazioni digitali rappresentative di diritti, negoziate all’interno di uno o più sistemi di scambio. L’investitore beneficerebbe di maggiori tutele se il regolatore fornisse un quadro di riferimento che consenta di identificare le ICO strutturalmente più affidabili.
  • L’utilizzo di tecnologia blockchain di per sé non qualifica l’asset scambiato: in particolare blockchain private permissioned che identificano le controparti in nulla sembrano diversificarsi dai tradizionali sistemi. Al massimo si potrebbe trattare di una innovazione di processo, neutrale per il regolatore.
  • Appare opportuno ribadire invece l’elemento chiave del successo delle ICO: blockchain pubbliche permissionless, con controparti che operano sul secondario non necessariamente identificate. Questa sembra essere la ricetta per ottenere liquidità e afflusso di capitali. In questo caso, evidentemente, l’identificazione degli attori può avvenire solo in fase di emissione e ovunque lo scambio coinvolga valute tradizionali a corso legale, per le quali sono già chiariti i presidi in termini di KYC (identificazione degli attori) e AML (presidi antiriciclaggio).
  • In questa sede, noi abbiamo inteso che Consob voglia indirizzare la sua attenzione verso la categoria dei c.d. hybrid token, ossia quei token che offrono agli investitori la possibilità di fruire di un servizio o di un bene (utility token), implicando però anche un profilo/elemento finanziario (che a sua volta ne giustifica la negoziabilità in un mercato secondario).
  • È auspicabile che gli hybrid token possano, tramite procedure di opt-in, essere offerti su piattaforme regolate ed ottenere quindi la certificazione se capaci di soddisfare alcuni criteri minimi di qualità. Non si tratta di creare presidi per la selezione dei progetti imprenditoriali meritevoli di accedere alle ICO, bensì di verificare che gli investitori abbiano accesso agli elementi per valutare correttamente l’opportunità loro offerta (ad esempio, criteri minimi di completezza per il whitepaper che descrive la ICO).
  • Quanto alle piattaforme per le offerte di crypto-attività ci sembra fondamentale chiarire l’equivoco tra queste e le blockchain. Le piattaforme di offerta possono costituirsi con tecnologie diverse (ad esempio anche semplici portali web): sono i token che per venire a esistenza devono alla fine essere registrati su una blockchain.
  • In particolare, le ICO che volessero una approvazione regolamentare dovrebbero dare garanzie quanto a:
    • forma giuridica di società per l’emittente, per poter valutare esplicitamente quali garanzie di capitali (pur ridotte) e responsabilità possano essere fornite;
    • logiche di emissione, per evitare inflazionabilità arbitraria del token;
    • connessione con un chiaro e individuato progetto imprenditoriale;
    • criteri di redistribuzione della profittabilità del progetto sponsorizzato dall’emittente, specificando i diritti incorporati nei token.
  • Potrebbe essere in carico ai gestori delle piattaforme di offerta la richiesta ai soggetti emittenti di tutte le informazioni necessarie e la loro valutazione.
  • Con riferimento al mercato secondario permane l’equivoco tra blockchain e piattaforme di scambio. Le piattaforme di scambio, per essere efficienti, non sono sostanzialmente mai blockchain e possono essere regolate con identificazione degli attori, presidi antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo; viceversa, le blockchain (pubbliche o private che siano) sono intrinsecamente inefficienti per il trading in quanto tecnologie distribuite e nella loro versione pubblica permissionless (l’unica finora esistente) non possono essere regolate.
  • In fase di secondario sarebbero opportune regole di condotta che le piattaforme di scambio devono essere tenute a rispettare nel rapporto con gli investitori, di nuovo tramite opt-in. Le garanzie che dovrebbero essere fornite per qualificarsi includono:
    • continuità e sicurezza informatica circa l’operatività della piattaforma;
    • trasparenza sulle metodologie di custodia e le coperture assicurative collegate. Qui sarebbe da auspicare l’emergere di un processo di custodia aperto e standardizzato, che possa essere sottoposto all’audit di terze parti.
  • Sembra essenziale per la liquidità del secondario consentire la contrattazione anche su blockchain pubbliche permissionless, altrimenti sarebbe snaturata la caratteristica innovativa delle ICO, diminuendone l’appeal.

Consulta qui la risposta integrale.

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